giovedì 20 settembre 2012

Racconto di settembre


Una sera dell'estate del 1991 dovevo andare insieme ad amici ad assistere a un concerto di Fabrizio De Andrè alla Fiera di Cagliari. Con prudente anticipo, già da settimane avevo comprato i biglietti per me e i miei amici.
La sera dello spettacolo, i cancelli della Fiera furono presi d'assalto, come ampiamente prevedibile.
L'area destinata al concerto, all'interno dello spazio fieristico, era ulteriormente recintata. C'era pertanto un doppio filtro: all'ingresso della Fiera un primo controllo soltanto visivo dei biglietti, all'ingresso dell'arena il controllo vero e proprio con il distacco dei tagliandi. I posti non erano numerati.
Un'ora prima dell'inizio furono aperti i cancelli esterni e io, con il biglietto bene in vista per non essere bloccato, mi precipitai di corsa verso l'ingresso dell'arena per occupare posti per me e la mia compagnia.
Una volta giunto al varco della platea, mi resi conto di aver perso il biglietto durante la corsa sfrenata tra la gente: mi era sfuggito di mano ed era finito chissà dove! Guardai la calca che ormai mi aveva raggiunto. Il mio biglietto era sicuramente là in mezzo, ma soltanto pensare di cercarlo faceva venire il mal di testa.
Allibito e quasi sfiduciato, tornai faticosamente indietro per cercarlo, avvisando i miei amici di entrare e tenere un posto anche per me, casomai fossi riuscito a recuperare il biglietto.
Cercare per terra andando controcorrente in mezzo a quella fiumana si rivelò pressoché impossibile.
E così, dopo qualche minuto, lasciate sfilare le migliaia di persone che andavano a sedersi comodamente, rifeci mestamente il tragitto in direzione inversa, ispezionando palmo a palmo il selciato. Arrivai poco a poco sino al cancello esterno della Fiera dove presumibilmente mi era caduto il biglietto. Chiesi senza troppa convinzione agli addetti alla sorveglianza se per caso avessero rinvenuto un tagliando ancora intatto, ma ricevetti soltanto scrollate di spalle e secchiate di distaccata commiserazione.

Ero ormai rassegnato a rinunciare in un modo così assurdo al concerto, quando notai, a ridosso di un muro, un pezzo di carta colorata accartocciato e calpestato, confuso in mezzo ad altre cartacce.
Mi avvicinai con perplessa speranza e lo raccolsi. Lo aprii con cura, mentre il sangue riprendeva a circolare vorticosamente nelle vene.
Marchiato da inconfondibili tracce di suole di scarpe, avevo in mano, intatto, il biglietto! Avevo ritrovato il biglietto! Incredulo, tirai un sospiro di sollievo di cui conservano ancora il ricordo all'Istituto Eliografico della Marina Militare e tornai all'ingresso dell'arena dove, finalmente, dopo che la maschera ebbe strappato il suo dannatissimo tagliandino, potei accedere anch'io alla platea.
Mi diressi con aria trionfante verso i miei amici, un po' preoccupati e raccontai con calma l'accaduto, mostrando il biglietto miracolosamente ritrovato.
Soltanto allora prestai attenzione al numero di serie, molto basso. Controllai i biglietti dei miei amici. I numeri di serie erano totalmente diversi dal mio e tutti consecutivi perché appartenevano allo stesso blocchetto. Ero certo di questo, avendoli acquistati personalmente.
Mancava solamente un numero della sequenza: il mio.
Il biglietto che avevo appena trovato in terra non era lo stesso che avevo smarrito pochi minuti prima.